Anticipare le tappe... cosa perde il bambino?
Pre-scolastica, pre-grafismo, pre-calcolo... siamo proprio convinti?

Marco e Bianca

Marco è un bambino di 5 anni, la maestra mi racconta che è disinteressato nei momenti in cui la classe si dedica all’appello, al calendario, al menù e alla registrazione del tempo atmosferico, ripetuti ogni mattina nello stesso modo, e mi chiede se non sia un bambino con difficoltà di attenzione.
Le chiedo come mai continui a portare avanti queste attività, mi risponde che le hanno insegnato che sono importanti e che nella scuola hanno sempre fatto così. Le pongo il dubbio che probabilmente a Marco non interessino davvero, che siano attività premature, che non stimolano il suo interesse e la sua curiosità perchè non le sente utili. Le consiglio di misurare l’attenzione di Marco su attività che gli interessano, che lo incuriosiscono e che lui trova stimolanti.
Bianca invece è una bambina di sei anni e mezzo e ha la fortuna di poter iniziare la scuola a 7 anni; vive anche un’altra situazione poco comune, finora non ha incontrato percorsi di pre-scolarizzazione, pre-scrittura o pre-lettura, ma ha incontrato invece un ambiente che le ha fatto sviluppare le sue intelligenze in modo armonico, equilibrato e adatto all’età di sviluppo. Ha potuto sviluppare l’intelligenza motoria con attività utili come fare il pane e una possibilità di movimento nel gioco libero esente da ansie e paure verso i normali rischi in cui possono incorrere i bambini. Ha potuto inoltre sviluppare l’intelligenza linguistica comunicando con bambini più grandi e più piccoli, grazie a fiabe, filastrocche e girotondi. Ha potuto sviluppare l’intelligenza interpersonale e intrapersonale con ampi spazi di vita all’aperto e di gioco libero e rapportandosi con bambini di età diverse in una sezione eterogenea. Ecco che, grazie a tutto ciò, come avevano compreso grandi esperti di educazione come Maria Montessori e Rudolf Steiner, e come oggi confermano le neuroscienze, Bianca pone le fondamenta del suo apprendimento, e come per magia, fra i 6 anni e mezzo e i 7 esplode in una curiosità e sete di sapere verso lettere e numeri davvero insaziabile, entrando in prima elementare con un desiderio incontenibile di apprendere e un entusiasmo contagioso, che porterà avanti nel tempo.

Anticipare le tappe

Nella mia esperienza professionale e personale ho incontrato tanti bambini come Marco; spesso i genitori arrivano in consulenza su segnalazione della maestra durante il terzo anno di scuola dell’infanzia perchè il bambino non sta seduto, non si concentra, non esegue le consegne. Fortunatamente ho avuto modo di incontrare anche parecchi bambini come Bianca, anche se sono piuttosto rari nel sistema scolastico italiano. Sappiamo invece che in altri paesi europei, come la Svezia, i bambini entrano a scuola a 7 anni.
Confrontandomi con la figura del fisioterapista o altre che si occupano dello sviluppo fisico ho avuto la conferma che fortunatamente è entrata nel pensiero comune la consapevolezza della pericolosità di anticipare alcune tappe fisiche del bambino piccolo come la posizione seduta o eretta prima che sia il bambino stesso a raggiungerle. Così purtroppo non è per le tappe mentali, molto spesso vengono anticipate, la legge stessa in Italia consente di anticipare l’ingresso del bambino alla scuola dell’infanzia a 2 anni e mezzo e alla primaria a 5 anni e mezzo.
Avverto nelle scuole dell’infanzia la dilagante necessità di portare ai bambini il pensiero logico-matematico, mentre nessuno si preoccupa più del pensiero magico, così vicino al bambino piccolo e così prezioso per coltivare i suoi sogni.
 

Indicazioni nazionali

Andando a rileggere le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione del 2012 non colgo questa necessità di anticipare il pensiero astratto, incontro invece la necessità di lavorare su altri piani: identità, autonomia, competenze e cittadinanza. All’uscita della scuola dell’infanzia l’obiettivo è quello di aver educato un bambino che riconosce ed esprime le proprie emozioni, ha maturato una sufficiente fiducia in sé, manifesta curiosità e voglia di sperimentare, condivide esperienze e giochi, affronta gradualmente i conflitti, ha sviluppato l’attitudine a porre e a porsi domande di senso, sa raccontare, narrare, descrivere situazioni ed esperienze vissute, si esprime in modo personale, con creatività e partecipazione.
Trovo questo documento davvero prezioso e con un elevato valore pedagogico, in nessun passaggio mi fa immaginare bambini fermi, seduti al banco a sperimentare attività di pre-lettura e pre-scrittura e ad incontrare concetti astratti. Mi evoca invece bambini curiosi, in movimento, che giocano, manipolano, domandano, imparano a riflettere sull’esperienza attraverso l’esplorazione e l’osservazione, bambini che parlano e ascoltano, litigano e fanno pace. Fra questi meravigliosi intenti e la realtà di molte scuole qualcosa sembra essersi inceppato, non so dire a quale livello. Credo però che questo documento vada recuperato nel suo valore profondo e che sia bene ripartire da lì.
 

Conclusioni

Sono convinta del fatto che se l’educazione dei primi 6-7 anni fosse più completa ed equilibrata, si fondasse maggiormente sul gioco, l’esperienza e lo sviluppo delle autonomie di base, e non anticipasse il pensiero astratto, i bambini fra i 6 e i 7 anni lo accoglierebbero con maggiore entusiasmo e curiosità perchè più in linea con la loro fase di sviluppo e vivrebbero la scuola con maggiore benessere.
Cosa rischiamo di causare anticipando troppo le tappe? Rischiamo di bruciare l’entusiasmo, il desiderio di apprendere, la naturale passione per il sapere, perchè rispondiamo ad un bisogno che non si è ancora manifestato.


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